I cinque sensi a tavola. Mangiare è una esperienza sensoriale.  Il piacere e la sazietà

I cinque sensi a tavola. Mangiare è una esperienza sensoriale. Il piacere e la sazietà

Mangiare è un esperienza sensoriale. Il piacere alimentare è generato dalla stimolazione dei cinque sensi. La sazietà è stimolata dagli alimenti. Il piacere e la sazietà sono governate dall’ipotalamo, struttura nervosa cerebrale che comanda il nostro comportamento alimentare. Anche se noi non conosciamo la esistenza dell’ipotalamo, esso governa le nostre sensazioni vitali e alimentari in ogni momento della nostra esistenza.

La mano

Il gesto di portare il cibo da piatto alla bocca non è “neutro”, perché modifica la composizione del sangue e crea salute o patologia. Questo gesto è sotto il controllo di un gruppo di cellule che costituiscono l’ipotalamo, il regista delle funzioni vitali e dell’intero metabolismo corporeo. Pesa poco più di 4 grammi, ma è la “finestra” che unisce il mondo esterno a tutte le nostre cellule, ai nostri organi vitali. I neuroni dell’ipotalamo analizzano in ogni momento del nostro vivere la composizione del nostro sangue che varia con il cibo ingerito.

Nell’ipotalamo esistono i centri della fame, dell’appetito, della sazietà, della sete e il centro del piacere. Perché senza il piacere alimentare, il mangiare sarebbe stato una fatica! La Natura ci ha pensato! Ha pensato anche di fermare l’atto alimentare creando la sensazione della sazietà.

Obesità sovrappeso e marketing. Siamo liberi nelle scelte alimentari?

Nell’attuale dietetica dominano le Calorie e le grammature degli alimenti inseriti nei vari pasti. Calorie e peso degli alimenti sono considerati pilastri della dietetica.Ma è proprio necessario, indispensabile andare avanti in questa linea? La mia risposta è NO!

Occorre superare Calorie e grammature degli alimenti ed acquisire un modello nuovo di sequenza degli alimenti in di un pasto mirando a sviluppare la sensazione della sazietà. Non sono solo su questa linea scientifica.

A new approach to appetite control”, è il titolo di una ricerca finanziata per 6 milioni di euro realizzata da Community Research and Development Information Service (CORDIS).

Il progetto “SATIETY INNOVATION EUROPEAN COMMISSION” sta mettendo a punto gli alimenti che regolano l’appetito in tre modi:

  1. Riducendo la fame
  2. Favorendo la sensazione della sazietà durate un pasto
  3. Migliorando tra la sensazione della sazietà tra un pasto e l’altro.

Quindi la ricerca scientifica più avanzata è su questa linea, chi vuole può documentarsi. Questo post può essere anche noioso, ma ho desiderio di posizionare il nuovo orizzonte delle scienza della alimentazione, superando l’inutile gossip dietetico, basato sul semplice calcolo delle calorie giornaliere. Non ci rendiamo conto quanto siamo manipolati dal marketing e dalla costruzione artificiale dei prodotti alimentari.

La attuale produzione agro-alimentare e commercializzazione degli alimenti è dominata dalla massima appetibilità e dalla minore sazietà.

Ragioniamo!

Sazietà e appetibilità

La sazietà è la sensazione appagante e rilassante ottenuta con ingestione di cibo. L’appetibilità è l’attrazione verso un alimento. L’appetibilità è il contrario della sazietà. Più un cibo è appetibile e meno sazia. Il risultato è il suo continuo consumo.

La sazietà e l’appetibilità sono sotto il controllo di due specifici nuclei dell’ipotalamo.

Oggi il mercato alimentare produce prodotti alimentari “costruiti” per esaltare l’appetibilità, per spingere a mangiare: additivi chimici, zucchero e sodio nascosto, glutammato monosodico…additivi chimici vari. Pensate ai nostri bambini.

I loro cinque sensi alimentari sono condizionati dai colori, odori, sapori, molecole artificiali che generano una personalità alimentare orientata al consumo di prodotti alimentari industriali.

Scrivo per una riflessione sulla sazietà per arrivare poi a presentare delle proposte gastronomiche concrete per stimolare il centro della sazietà.

Per esperienza organizzo la sazietà in tre tipi:

  1. SAZIETÀ SENSORIALE, generata dalla diretta stimolazione degli alimenti sui 5 sensi: olfatto, gusto, vista, udito, tatto. Più varia è la stimolazione dei sensi alimentari più sarà alto il potere saziante dei cibi, con il conseguente controllo dell’appetito e del desiderio di mangiare. Il mangiare veloce, con voracità, gli alimenti riduce drasticamente la sazietà sensoriale.

Invito chi legge a scegliere in base alla propria sensibilità e gusti le varie piante aromatiche. Per esaltare i piatti proteici, glucidici, vegetali, spuntini. Ridurre la dose del sale ai pasti è una scelta primaria per la avere una appagante sazietà sensoriale.

  1. SAZIETÀ GASTRICA, è la sensazione di pienezza data dalla stimolazione del cibo sulla parete gastrica, intestinale ed è generata dalla azione delle fibre alimentari contenute nella verdura, pane integrale, frutta della dieta, nonché dalla stimolazione di un ormone secreto da cellule intestinali: la colecistochinina. Questo ormone controlla l’appetito e produce una appagante sensazione di sazietà. Il volume del cibo ingerito è un fattore che influenza in modo considerevole il senso di sazietà. Durante la masticazione e la deglutizione, la bocca insieme all’esofago e stomaco inviano impulsi sensoriali all’ipotalamo, agendo sul centro della sazietà.
  2. SAZIETÀ METABOLICA-ORMONALE, generata sulle cellule dai nutrienti (glucosio, aminoacidi, lipidi…), giunti nel sangue dopo la digestione intestinale degli alimenti e controllata dagli ormoni (leptina, grelina…).

Dalla scienza alla tavola

Dopo aver introdotto idee sulla sazietà, scrivo alcune proposte gastronomiche che possono essere utili per agire sul centro della sazietà dell’ipotalamo.

Cioè le molecole contenute nelle varie salse che propongo in questo post possono stimolare in modo positivo i nostri cinque sensi. Le loro afferenze nervose possono arrivare al nucleo nervoso della sazietà, posto nell’ipotalamo e quindi stimolare la sazietà, che limita l’atto alimentare e controllando l’apporto energetico introdotto.

Sto proponendo il CONTRARIO di ciò che sta facendo l’industria alimentare che mira a stimolare l’appetibilità e ridurre la sazietà. Mangiare è scegliere!

SALSA AROMATICA (adatta al pesce lesso)

3 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 3 cucchiai di aceto bianco, 1 cucchiaio colmo di capperi, 1 spicchio di aglio; frullare tutto per un minuto poi aggiungere: 10 chicchi di pepe rosa pestato e foglie di due rametti di timo mescolare bene.

MARINATA PER PESCE (adatta per alici crude filetti di merluzzo lesso)

Succo di 2 limoni, 3 spicchi di aglio a fettine, 1 ciuffo di prezzemolo tritato, 1 rametto di timo (foglie), 1 foglia di alloro, sale iodato q.b., peperoncino piccante; mescolate molto bene marinare il pesce per almeno due ore prima di gustarlo.

SALSA ROSSA (adatta a condire scaloppine)

8 cucchiai di passata di pomodoro, frullate bene, 2 cucchiai di capperi, 1 acciuga, 4 olive nere denocciolate, 1 spicchio di aglio, peperoncino a piacere, aggiungere poi 1 cucchiaino di origano, 1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva; mescolate tutto quanto e per meglio insaporire la carne cuocetela assieme alla salsa rossa per 5′ c/a.

SALSA AROMATICA (adatta a carne grigliata)

3 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 3 cucchiai di succo di limone, 1 spicchio di aglio schiacciato, 1 rametto di rosmarino, 6 foglie di salvia, 6 chicchi di pepe nero pestato. Sale iodato q.b.; mescolate tutto lasciate riposare una ora prima dell’uso.

SALSA allo YOGURT

Un grosso pugno di prezzemolo tritato finemente, 1 cucchiaio di paprika dolce, 125 g yogurt magro naturale, mescolate tutto molto bene.

SALSA ROSSA (adatta carne alla piastra o lessata)

2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 cucchiai di passata di pomodoro, 3 cucchiai di aceto di vino rosso, peperoncino piccante in polvere a piacere, ½ cucchiaino di sale iodato.

Frullare – condire.

SALSA AL BASILICO (adatta a condire patate lesse, uova sode…)

4 cucchiai di olio extra vergine di oliva, 2 pugni di foglie di basilico, 1 spicchio di aglio, sale iodato q.b.; pestare quanto basta ad ottenere una salsa densa.

Buona giornata in salute.

Conosci il “tuo” corpo. Scegli il “tuo” cibo.

Conosci il “tuo” corpo. Scegli il “tuo” cibo.

Il metodo molecolare di alimentazione consapevole.

Per una salute nutrizionale.

Per recuperare salute e un sano peso corporeo.

 

Il cibo sulla tavola è uguale per tutti, ciascuno invece ha il “suo” “corpo” unico e diverso da tutti gli altri.

Per dimagrire e mantenere la salute occorre conoscere i meccanismi fisiologici che si attivano ogni volta che mangiamo.

Conoscere il corpo e scegliere il migliore cibo adatto alla salute e a dimagrire!

STOP AL CALCOLO DELLE CALORIE

Non è il controllo delle Calorie giornaliere a far dimagrire e mantenere il giusto peso forma ed immagine corporea, ma la qualità e la combinazione molecolare di ogni pasto.

Ogni atto alimentare cambia la composizione del sangue in rapporto alle molecole ingerite con gli alimenti e genera uno stato metabolico, ormonale, genico che rende diverso l’organismo dal prima del pasto. Noi siamo diversi da prima del pasto!

Occorre chiudere davvero con il calcolo giornaliero delle calorie!

Al centro del sistema biologico umano non ci sono più le CALORIE, ma le MOLECOLE introdotte con la alimentazione giornaliera e con la respirazione. Le principali molecole introdotte con la alimentazione e la respirazione sono l’ossigeno, seguito dall’acqua, carboidrati, proteine, lipidi, vitamine, minerali, fibra alimentare ed altre molecole con azione sui geni, sul DNA.

 

LA MODULAZIONE METABOLICA

Una porzione di pasta, una porzione di formaggio o di un altro alimento possono contenere lo stesso numero di Calorie, ma contengono molecole diverse.

La pasta contiene in prevalenza carboidrati. Il formaggio contiene proteine e lipidi in prevalenza e non contiene carboidrati. Il profilo metabolico e ormonale è diverso dopo aver ingerito un piatto di pasta oppure una porzione di formaggio perché è diversa la qualità molecolare degli alimenti.

È necessario conoscere la qualità molecolare degli alimenti ingeriti, cioè la loro diversa composizione in principi nutritivi, in molecole, e la combinazione molecolare, cioè il rapporto tra carboidrati, proteine e lipidi di ogni atto alimentare al fine di evitare bruschi e rapidi incrementi di glicemia, lipemia, insulinemia post prandiali, variabili metaboliche più rilevanti dopo ogni pasto.

Tre sono i parametri che condizionano l’accumulo di massa grassa, il peso corporeo, la salute metabolica, l’immagine corporea sui quali possiamo agire attraverso una sana alimentazione: glicemia, insulina, lipemia dopo i pasti.

 

 

PICCO GLICEMICO

Il picco glicemico è la variazione della concentrazione di glucosio nel sangue dopo un pasto ed è responsabile nel determinare sovrappeso e obesità, adiposità localizzate.

Le variazioni della glicemia post prandiale hanno una maggiore responsabilità metabolica e ormonale per favorire l’incremento del peso corporeo e della massa adiposa. Le persone con glicemia a digiuno relativamente normali possono presentare variazioni glicemiche anomale della glicemia post prandiale.

Nelle persone con normale tolleranza al glucosio, generalmente la glicemia non aumenta oltre i 140 mg/dl (7,8 mmol/l) in risposta ai pasti e, tipicamente, torna ai livelli preprandiali entro due o tre ore.

È quindi salutare che il picco glicemico post prandiale non superi in ogni momento dopo un pasto il valore di 140 mg / 100 ml in un programma di recupero peso forma e di prevenzione della obesità ad ogni età e sesso.

La scelta della qualità molecolare dei carboidrati è primaria per la gestione del picco glicemico post prandiale. La quota giornaliera dei carboidrati è composta da carboidrati non glicemici e glicemici.

I carboidrati glicemici influiscono in modo decisivo sul valore della glicemia: amido soprattutto (dolci, pane, pasta, riso, prodotti da forno, alimenti composti con farina, pizza, patate), frutta, zucchero, miele, bevande…

I carboidrati non glicemici non fanno aumentare la glicemia dopo il pasto, ma anzi controllano e tendono a tenere basso il valore della glicemia (fibra alimentare idrosolubile… verdure e ortaggi di ogni tipo…).

La fibra alimentare idrosolubile ha un ruolo primario nel controllo dell’assorbimento del glucosio, acidi grassi, colesterolo…formando un gel che agisce sui villi e microvilli dell’intestino tenue. La carenza di fibra idrosolubile nei singoli pasti è una causa di possibili elevati picchi glicemici post prandiali ad ogni età.

La verdura non è solo un “contorno” ma un alimento di primaria importanza per il suo apporto di fibra idrosolubile. La verifica soggettiva, mediante un glucometro, del personale picco glicemico post prandiale vuole inglobare e al tempo stesso andare oltre ai due indicatori accettati nello studio della risposta glicemica post prandiale, indice glicemico e carico glicemico

Ai fini del controllo del peso corporeo, obesità e patologie degenerative correlate con stato iperinsulinismo e insulino resistenza è prioritario scegliere gli alimenti e gestire la composizione di ogni pasto con riferimento al picco glicemico e all’indice insulinemico post prandiale.

 

 

INDICE INSULINEMICO

L’indice insulinemico esprime l’effetto di un dato alimento sui livelli ematici di insulina (insulinemia). Un alimento si definisce ad alto indice insulinemico quando aumenta notevolmente la concentrazione di insulina nel sangue. Viceversa, i cibi con basso indice insulinemico non influenzano in maniera significativa la secrezione di quest’ormone.

Rappresenta un’evoluzione dell’indice glicemico e del carico glucidico: non sempre ad un aumento della glicemia corrisponde un aumento della secrezione insulinica.

L’indice insulinemico è un parametro che misura la produzione di insulina nell’organismo in risposta all’ingestione di un qualsiasi alimento.

Esso quindi rappresenta l’effetto di un alimento esclusivamente e direttamente sull’ insuline mia, permettendo una valutazione più precisa della risposta insulinica. È un valore emerso in tempi più recenti rispetto all’ indice glicemico – carico glucidico, che permette di valutare più precisamente qual sia la risposta insulinica di tutti i cibi, di un pasto intero.

L’indice insulinemico fornisce la migliore e più precisa indicazione sugli effetti che carboidrati, proteine, lipidi, fibre idrosolubili alimentari determinano sul corpo umano con la secrezione di insulina.

L’insulina è rimossa dal sangue per opera del fegato (clearance dell’insulina) e in condizioni di steatosi epatica il tempo di permanenza dell’insulina nel sangue si protrae nel tempo. Per recuperare il peso forma e prevenire l’obesità occorre conoscere e gestire l’ indice H.O.M.A. (Homeostatis Model Assesment) per verificare possibile stato di insulino resistenza, condizione da rimuovere per la salute e per il recupero di un sano peso corporeo.

L’insulina definisce lo stato di salute metabolica della persona.

Si ha salute metabolica quando è conservata la sensibilità all’insulina.

Si ha perdita di salute metabolica quando si ha uno stato di insulino – resistenza.

 

 

PICCO LIPEMICO

Il picco trigliceridemico postprandiale esprime il valore dei vari lipidi presenti nel sangue dopo ogni atto alimentare, lipidi esogeni di origine alimentare ed endogeni di origine epatica. È ritardato rispetto al picco glicemico ed insulinemico e ciò comporta che, per il susseguirsi dei pasti e il progressivo accumulo, si possono avere alte concentrazioni di trigliceridi per tutto il giorno. Il picco glicemico e il picco lipemico sono due condizioni di stress metabolico e ormonale, responsabili di patologia infiammatoria e degenerativa.

Con queste ed altre idee ho scritto il metodo molecolare di alimentazione consapevole, dedicando una ampia parte del libro al modello alimentare giornaliero.

La alimentazione consapevole è guidare la propria mano dal piatto alla bocca. Ogni giorno con il cibo generiamo la salute e il benessere psicofisico. Cambiare si può, perché la salute sta nel piatto quotidiano.

Buona giornata in salute.

 

Digiuno una scelta per stare in salute

Digiuno una scelta per stare in salute

Digiuno: può essere considerato una scelta per il controllo del peso corporeo, per prevenire le patologie croniche degenerative e cancro?

Può esserlo, a certe condizioni. Ragioniamo.

Il superorganismo

Il corpo umano è un organismo complesso, in cui avvengono vitali reazioni biochimiche in organi diversi per assicurare vita e salute. Il corpo umano è una vitale formula biochimica composta da molecole alimentari, respiratorie e prodotte dai batteri intestinali e sistemici. Siamo quindi un “superorganismo”, composto da cellule umane e da miliardi di cellule batteriche presenti nel nostro organismo e interagenti con i nostri organi.

Ma cosa succede quando il nostro corpo non riceve cibo adeguato ogni giorno?

Reagisce ed ha tutte le capacità biologiche per superare il limite del cibo giornaliero. Ma ad una condizione: non trasformare il DIGIUNO in CARESTIA. Il corpo umano non conosce la dieta ipocalorica (costruzione artificiale della nostra cultura), conosce il digiuno e la carestia.

Noi Umani siamo stati selezionati dalla Natura per vincere la fame!

Esiste un rapporto vitale tra cervello e fegato.

Fegato regista del metabolismo

Il corpo umano conosce il digiuno ed è stato strutturato dalla natura a superare l’assenza del cibo.

In carenza di alimenti il corpo umano utilizza la riserva di glicogeno (carboidrati) accumulato all’interno degli epatociti, cellule del fegato.

Il fegato è il regista dell’intero metabolismo cellulare ed è al servizio soprattutto del cervello. Il corpo umano ha una capacità limitata di accumulare glicogeno nel fegato. Il fegato accumula glicogeno utilizzando la dose giornaliera dei carboidrati alimentari. Dal glicogeno si ha glucosio che fuoriesce dagli epatociti per essere utilizzato dal cervello. Il cervello utilizza solo glucosio per trarre la sua energia per funzionare.

Pertanto in carenza prolungata di cibo, il fegato scarica il suo glicogeno per fornire glucosio al cervello e agli atri organi glucosio-dipendenti, cioè organi che richiedono per la loro funzionalità solo glucosio.

Il cervello richiede una fornitura continua di glucosio senza interruzioni. Il fegato scarica il proprio glicogeno per fornire glucosio al cervello.

Digiuno e carestia

Il cervello trae la sua energia solo dal glucosio, non può ottenere energia dagli acidi grassi. Il muscolo, il cuore possono trarre energia dal glucosio e dagli acidi grassi. Quando non si introduce il cibo e si entra nel digiuno il cervello riceve il glucosio dal fegato. Se il fegato scarica tutto il suo glucosio, il cervello può avere carenza di glucosio, quindi non avere energia, condizione incompatibile con la vita. In questa condizione di emergenza energetica il fegato contribuisce con la produzione di corpi chetonici ottenuti dagli acidi grassi liberati dai depositi adiposi.

I corpi chetonici sono molecole prodotte solo dal fegato, ottenute dagli acidi grassi saturi liberato dagli adipociti (cellule dell’organo adiposo). Si chiamano: acetone, acido acetoacetico e acido beta-idrossibutirrico.

I corpi chetonici possono sostituire, in via provvisoria, il glucosio quale substrato energetico del cervello.

Questo è quanto succede durante il digiuno.

Il digiuno può essere una sana pratica per ridurre la massa adiposa accumulata.

Il punto critico da evitare è il passaggio da digiuno a carestia.

IL DIGIUNO diventa CARESTIA quando i corpi chetonici superano nel sangue il valore di 3 mg /100 ml e compaiono nelle urine (esistono cartine colorimetriche in farmacia per verificare presenza di corpi chetonici nella propria urina).

In questa condizione il cervello registra la presenza di carestia alimentare e attiva un diverso profilo ormonale.

Una riduzione del cibo giornaliero, limitato ad un periodo di tempo, con la consapevolezza di reazioni che avvengono nel proprio organismo in tempo di digiuno, può essere una buona pratica. Purché il digiuno non si trasformi in carestia.

La carenza di glucosio compromette la sua trasformazione, nelle cellule umane, in ribosio, molecola che costituisce gli acidi nucleici (DNA e RNA). In carenza di glucosio, si cade in chetosi e la formazione degli acidi nucleici può essere compromessa.

 

 

Digiuno – Salute – Spiritualità

Siamo in Quaresima.

Consiglio di realizzare nel giorno di venerdì, una giornata di digiuno, come saggia scelta spirituale e di benessere psico-fisico.

Il digiuno come scelta consapevole, limitato ad una giornata, ha un valore spirituale ma è anche una sana scelta per migliorare il proprio peso corporeo e benessere.

Colazione con latti vegetali (riso o soia o avena o altro cereale…) o yogurt e cereali integrali senza aggiunta di zucchero o di cioccolato (sono biscotti camuffati), frutta, semi oleosi come mandorle o noci o nocciole…, tè verde …

 

Durante il digiuno “temporaneo” è necessario mangiare verdura cruda e cotta a piacere, dose libera condita con olio extra vergine di oliva, aceto e alcuni gherigli di noci o mandorle o pinoli o semi di zucca, pane di segale: pranzo e cena. I semi oleosi apportano proteine vegetali, omega 3, fibra alimentare prebiotica (utile per gestire il microbiota intestinale) e minerali. Sono da considerare veri integratori naturali utili nel digiuno temporaneo. Ovviamente non devono essere salati e neppure tostati.

 

Frutta fresca di stagione nello spuntino della mattina e nel pomeriggio oppure centrifugati di frutta (80%) e verdura fresca cruda di stagione (20%)

 

Bere almeno un litro di acqua durante la giornata con residuo fisso secco superiore a 500 mg / litro (migliore introduzione di minerali).

 

Durale il digiuno temporaneo si ha una variazione del profilo ormonale con netta riduzione della insulina (ormone dell’accumulo di grasso e della sensazione di fame continua). Questa riduzione di insulina permette l’attivazione dell’ormone del digiuno: il glucagone, che svolge due importanti azioni.

  1. La prima la realizza sul fegato: libera la riserva di glucosio custodito negli epatociti, cioè il glucagone compie una azione primaria per dimagrire: “scarica” il fegato dell’eccesso dei carboidrati per garantire adeguato e continuo rifornimento di glucosio al cervello, senza cadere in chetosi, in carestia!
  2. La seconda azione la svolge sugli adipociti, cellule della massa grassa. Agisce facendo uscire grassi dall’interno degli adipociti, svuotandoli, così si dimagrisce!

Buona giornata in salute.

 

Alimentazione e pressione arteriosa

Alimentazione e pressione arteriosa

Con il semplice gesto di porre i quattro polpastrelli della mano direttamente sulla parte inferiore del polso, dove passa l’arteria radiale, si può contare il numero dei battiti cardiaci al minuto!

Con il passare degli anni il battito cardiaco aumenta.

È salutare avere, a riposo, una frequenza cardiaca tra 50 – 60 battiti al minuto. Con questa frequenza il cuore batte in un giorno circa 70 – 80 mila volte.

Quando si va sopra i 70 battiti al minuto, il cuore “corre” oltre a 100 mila battiti in una giornata.

Il cuore pompa in una giornata circa 8 – 9000 litri di sangue.

Più è alto il battito cardiaco a riposo, più il cuore è impegnato; invecchia e degenera prima.

1 kg GRASSO CONTIENE 3 km CAPILLARI

L’eccesso di peso corporeo, con accumulo di massa grassa, è una delle cause più importanti e più frequenti dell’aumento della frequenza cardiaca.

Un chilo di grasso corporeo contiene circa 3 Km di capillari.

Pertanto una persona che ha 10 Kg di massa grassa in eccesso ha almeno 30 Km di vasi sanguigni in più dove scorre il suo sangue.

Vuol dire possedere un “letto vascolare” più vasto, di circa 30 Km, in più rispetto al sistema circolatorio costituzionale, dove il sangue deve passare spinto avanti dal cuore!

Questa condizione fa aumentare la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e il lavoro del cuore, portando a malattie del cuore e dell’intero apparato circolatorio.

Dimagrire vuol dire perdere massa grassa e con essa ridurre l’eccessivo letto vascolare, proteggendo il cuore.

Dimagrire fa diminuire la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e il lavoro cardiaco.

Il numero dei battiti al minuto è un buon indicatore del proprio stato di salute, da non sottovalutare!

 

 

PRESSIONE ARTERIOSA

Ciascuno di noi ha la sua pressione arteriosa, che varia con l’età e peso corporeo.

Occorre misurare la propria pressione arteriosa al mattino prima di fare colazione, tra le 6 – 9, prima di prendere farmaci.

In questo orario la pressione del sangue può raggiungere i valori più alti della giornata.

I valori non dovrebbero superare i 140 mm Hg pressione sistolica “la massima” e 90 mm Hg diastolica “la minima”.

La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue sulle pareti delle arterie.

Ciascuno di noi ha 5 litri di sangue e il percorso che il nostro sangue deve fare partendo e ritornando al cuore è di 96 mila Km.

E questo percorso viene realizzato migliaia di volte durante la giornata.

Si chiama circolazione perché il sangue parte da un punto, il cuore e ritorna nello stesso punto di partenza.

La ipertensione arteriosa nasce ogni giorno sulle nostre tavole. La prima prevenzione contro valori elevati di pressione arteriosa la si fa in tavola ogni giorno. La salute delle arterie e del cuore sta nel nostro piatto quotidiano.

Valori elevati di pressione causano un processo di cedimento su vari organi vitali: cervello, rene, occhio, intero sistema vascolare con comparsa e diffusione di aterosclerosi a causa della compromissione dell’endotelio, particolare tessuto che riveste l’interno delle arterie, capillari e vene!

 

 

CAUSE PRESSIONE ALTA

Il sovrappeso e la obesità possono far aumentare la pressione arteriosa per tre cause:

  1. Aumento “letto circolatorio”
  2. Variazione composizione corporea con incremento massa grassa
  3. Secrezione di ormoni condizionanti pressione arteriosa.

 

1 – L’eccesso di grasso aumenta il cammino del sangue che deve fare ogni giorno all’interno del sistema cardio-circolatorio, causando un aumento della pressione arteriosa e del lavoro che il cuore deve assicurare! La massa grassa corporea determina la lunghezza della rete circolatoria.

 

2 – Una persona in sovrappeso ed obesa ha modificato la sua composizione corporea con incremento della massa grassa e perdita di massa magra muscolare, con incremento di un maggior volume di acqua all’interno del sistema cardio-circolatorio, che causa un aumento della pressione arteriosa nelle arterie e comparsa di capillari, vene varicose nella parte venosa.

 

3 – Inoltre la massa grassa produce ormoni che condizionano il valore della pressione arteriosa.

Se si abbassa la pressione arteriosa, si riduce il rischio di avere un infarto e un ictus cerebrale.

Dimagrire vuol dire ridurre la pressione arteriosa.

Valori alti di pressione sono associati a sovrappeso, obesità e soprattutto ad un vistoso accumulo di grasso addominale. Il grasso addominale è il più pericoloso per la salute!

Buona giornata in salute.

Il cibo nello stomaco

Il cibo nello stomaco

Lo stomaco preferisce cibo crudo, caldo, liquido e soprattutto di piccolo volume!

Ciascuno di noi mangia tra 2 e 3 Kg di cibo al giorno, spesso senza rendersi conto di questo volume. Può essere cibo solido, cibo liquido, freddo, caldo, crudo o cotto, mischiato in ricette gastronomiche con odori, colori, sapori e consistenza varia.
Ciascuno di noi ha il suo stile a tavola: c’è chi mangia con voracità, tutto e subito, non mastica ma ingolla.
C’è chi preferisce cibo solido al cibo liquido. Chi preferisce cibo caldo e chi freddo. Insomma è giusto il proverbio “Dimmi come mangi, ti dirò chi sei”.
Tutto il cibo arriva attraverso l’esofago nello stomaco. E qui cominciamo i guai!

IL CIBO NELLO STOMACO

Lo stomaco è un organo che accoglie tutto il cibo che arriva in un pasto. Se mettessimo una telecamera sullo stomaco potremmo vedere l’arrivo dentro lo stomaco di tutte le parti alimentari che abbiano ingurgitato. Potremmo vedere la poltiglia disordinata dei vari cibi all’interno della cavità gastrica. Arriva il pane, la carne, la verdura, il vino, l’acqua, i dolci… e tutto quanto mangiato in un pasto. Lo stomaco riceve e comincia a contrarsi per mescolare il carico alimentare arrivato in cavità gastrica. Lo stomaco si contrae tre volte in un minuto con il fine di ridurre le parti alimentari in piccole, omogenee porzioni di 1-3 mm. Lo stomaco quindi deve mettere ordine al nostro disordine alimentare. Mangiare con voracità vuol dire ingerire nello stomaco cibo con dimensioni più grandi. Se una persona vorace ingerisce una porzione di 3 cm di carne o verdura o pasta o pane obbliga il suo stomaco a contrazioni continue, forti e prolungate per ridurre le dimensioni alimentari da 3 cm a 1-3 mm. Lo stomaco trasforma i pezzi degli alimenti ingeriti in chimo.
Solo quando tutto il cibo ingerito è stato trasformato alle dimensioni omogenee di 1-3 mm, il chimo (il prodotto finale delle contrazioni gastriche) passa dalla cavità gastrica attraverso il piloro nel duodeno per iniziare la digestione intestinale.
Il tempo in cui il cibo ingerito resta all’interno della cavità gastrica si chiama digestione gastrica. Ogni alimento ha il suo tempo di permanenza all’interno dello stomaco. Il riso e altri cereali come chicchi integrali cotti restano nello stomaco circa una ora, la pastasciutta circa tre ore, il tonno sott’olio circa sei ore. Una lunga permanenza nella cavità gastrica del cibo può generare reflusso gastro-esofageo, bruciori gastrici, sensazione globosa dell’addome sopra l’ombelico, eruttazione, malessere.

 

COME MANGIARE?

Lo stomaco desidera avere cibo liquido (minestre, passati di verdure, creme vegetali, minestroni, centrifugati, latti vegetali…), cibo caldo, cibo crudo finemente tritato, cibo sminuzzato ridotto in piccole porzioni, cibo ben masticato. Mangiare alla giapponese, insomma! Queste condizioni del cibo arrivato nello stomaco agevolano le contrazioni gastriche e riducono nettamente il tempo di permanenza del cibo nella cavità gastrica. Cioè occorre evitare una lunga permanenza del cibo nello stomaco per iniziare ed avere la migliore digestione gastrica ed intestinale.
Una lunga permanenza del cibo nello stomaco favorisce rigurgiti di acido cloridrico dallo stomaco all’esofago con bruciori assai fastidiosi. Non si può mangiare con voracità, non masticare, non pensare al tempo del cibo all’interno dello stomaco, avere bruciori di stomaco, avere reflusso gastro-esofageo, ernia jatale e… credere di risolvere tutto prendendo un farmaco o prodotti contro l’acidità di stomaco. Così facendo si elimina il sintomo ma non si risolve la causa!

 

FITOTERAPIA CONTRO ACIDITA’ GASTRICA

Coloro che assumono inibitori di pompa protonica in modo continuo e prolungato per combattere l’acidità gastrica, il reflusso gastro-esofageo, vanno incontro ad avere un ridotto assorbimento di vitamina B12, condizione che può causare anemia megaloblastica ( emoglobina bassa con volume elevato dei globuli rossi) e scatenare livelli elevati di omocisteina, una molecola assai aggressiva contro le pareti arteriose, più del colesterolo.
Una bevanda calda aiuta lo svuotamento dello stomaco per il rilassamento del piloro, che consente il passaggio del chimo dallo stomaco nell’intestino tenue.
La classica limonata calda aiuta lo svuotamento del cibo dallo stomaco non tanto per il succo di limone quanto per l’azione benefica dell’acqua calda!
Accanto ad una modifica della propria alimentazione, consiglio di usare la fitoterapia per il controllo della acidità senza bloccare la secrezione gastrica. Alcune piante medicinali sono molto ricche proprio di polisaccaridi ad azione lenitiva e protettiva come Aloe, Altea, Malva, in grado di creare una sorta di “muco protettivo vegetale -minerale”, simile a quello prodotto dallo stomaco e in grado di aderire alla mucosa gastrica proteggendola da fenomeni irritativi e bruciore senza alterare la naturale acidità dello stomaco.

Fegato, tiroide e peso corporeo

Fegato, tiroide e peso corporeo

Il fegato è il regista del metabolismo
– la tiroide controlla la massa grassa corporea
– la chiave metabolica è la dose giornaliera dei carboidrati glicemici

 

UN RAPPORTO DI VITA BIOLOGICA

Esiste un rapporto vitale tra il fegato, la tiroide e l’alimentazione.
Mangiare un eccesso di carboidrati nella giornata favorisce l’accumulo di grasso nel fegato e su tutto l’organismo.
Mangiare una dose troppo ridotta oppure, peggio, eliminare del tutto i carboidrati danneggia le funzioni della tiroide, bloccando la perdita di peso.
La chiave metabolica del fegato, della tiroide, del peso corporeo è la giusta dose giornaliera di carboidrati glicemici.
Il mio consiglio è di non scendere al disotto di 80 grammi di carboidrati glicemici al giorno e di evitare la comparsa della chetosi (può essere evidenziata con strisce nella urina).
I carboidrati glicemici condizionano il valore della glicemia e della insulina dopo ogni pasto (glucosio, galattosio, fruttosio gestiti nel fegato).
I carboidrati non glicemici sono costituiti dalla fibra alimentare.
Molte persone sempre di più, in particolare donne, hanno fegato e tiroide compromessi nella loro funzione. Sono bloccate ed accumulano massa adiposa giorno dopo giorno.

 

DAL PESO CORPOREO AL METABOLISMO

Occorre passare dal peso corporeo letto sulla bilancia alla conoscenza del proprio metabolismo.
Pesa un chilo e mezzo negli uomini, un po’ meno nelle donne. È il regista dell’intero metabolismo. Ha la chiave del peso forma: è il fegato!
Pesa 40 grammi circa, ma controlla reazioni vitali e favorisce la capacità di eliminare grasso corporeo controllando la ossidazione degli acidi grassi nelle cellule e la fase di scarico di acidi grassi dall’interno degli adipociti, consentendo la eliminazione di massa grassa in eccesso: è la tiroide!

Con la steatosi epatica (fegato grasso) e la tiroide alterata (ipotiroidismo) ogni dieta è destinata al fallimento. Occorre scaricare il fegato del suo grasso e recuperare una adeguata funzionalità della tiroide.

 

FEGATO GRASSO (steatosi epatica)

Avere la steatosi epatica, cioè un accumulo eccessivo di grassi nel fegato, fa ingrassare sempre di più ed impedisce ogni serio dimagrimento. Con il fegato grosso e grasso non si dimagrisce. Anzi si rischia di cadere nel diabete mellito tipo 2, definito anche diabete epatico.
Ogni dieta o tentativo di dimagrire è destinato al fallimento se non si conoscono le dinamiche biochimiche ed ormonali con il fegato al centro del nostro metabolismo.
In silenzio giorno dopo giorno il fegato lavora con le sue 5000 reazioni biochimiche ed è il regista dell’intero metabolismo corporeo. Controlla i carboidrati, i grassi, le proteine, i minerali, le vitamine. È la centrale per eliminare l’alcol dal sangue!
Fornisce di continuo il glucosio al cervello!
Il fegato è uno degli organi più compromessi dalla attuale alimentazione.
Il 40% delle persone adulte ha il fegato grasso, ovvero ha la steatosi.
Il 15% dei bambini ed adolescenti ha la steatosi epatica.
Il 50% dei bambini obesi ha il fegato compromesso.
Questa patologia aumenterà ancora di più nei prossimi anni, perché abbiamo una alimentazione errata e perché consumiamo alcool!
Certo è la dose che fa il veleno ma non esiste un alcol “buono” cioè il vino ed un alcol “cattivo” cioè i superalcolici: l’alcool è e resta una molecola tossica per il fegato!

 

FEGATO GLICEMIA INSULINA TRIGLICERIDI

Ogni volta che mangiamo il nostro sangue cambia la sua composizione in rapporto agli alimenti ingeriti. E poiché si tende ad introdurre un eccesso giornaliero di carboidrati (pasta, pane, pizza, dolci, prodotti da forno…), la glicemia dopo i pasti sale e si ha il picco glicemico, che stimola il pancreas a secernere l’insulina, che trasferisce il glucosio dal sangue dentro il fegato.
La glicemia diminuisce nel sangue ma aumenta la dose del glucosio all’interno degli epatociti (cellule del fegato). Una parte del glucosio si trasforma, sotto il controllo dell’insulina, in glicogeno ed una altra parte si trasforma in acidi grassi saturi (acido palmitico).
L’insulina fino a quando resta nel sangue compie questo lavoro. Cioè trasforma in parte i carboidrati alimentari ingeriti in acidi grassi. Questo processo biochimico si chiama lipogenesi: formazione di grassi (trigliceridi).
Più insulina abbiamo, più si formano trigliceridi nel fegato.
L’eccesso di grasso nel fegato causa un ritardo nella eliminazione dell’insulina (clearance epatica dell’insulina), che resta più a lungo nel sangue, generando uno stato di insulino resistenza.
Gran parte delle persone in sovrappeso ed obese possiedono questo scenario all’interno del loro organismo. Se non si modifica questo scenario biochimico ed ormonale non si può dimagrire e non si può prevenire il diabete mellito tipo 2. Si dimagrisce solo tenendo bassa la glicemia dopo ogni pasto.

 

GLI ORMONI DELLA TIROIDE

Ed ora ragioniamo sugli ormoni della tiroide.
La tiroide secerne il 90% dell’ormone fT4 e il 10% dell’ormone fT3. Ma è l’ormone fT3 a svolgere appieno le funzioni metaboliche all’interno delle cellule.
L’ormone fT4 viene trasformato in fT3 da alcuni enzimi (desiodasi) ubicati nelle membrane cellulari del FEGATO, rene, tessuto adiposo, cute, cervello, ipofisi…
Varie sono le cause che possono alterare la funzione delle desiodasi: un’errata alimentazione, l’eccesso di peso corporeo, diete carenti di carboidrati, livelli elevati di insulina nel sangue causano una riduzione di efficienza di questi enzimi.
Le desiodasi sono enzimi capaci di togliere un atomo di iodio dall’ormone fT4 trasformandolo in fT3. Il numero indica gli atomi di iodio presente nell’ormone. L’alterata funzione degli enzimi desiodasi è più frequente di quanto si possa pensare.
In questa condizione non é la tiroide a non funzionare bene, bensì gli enzimi (desiodasi) presenti soprattutto nel FEGATO.

 

TIROIDE E PESO CORPOREO

Mangiare una dose ristretta di carboidrati o peggio astenersi dai carboidrati procura chetosi (acidificazione dei tessuti corporei per formazione di corpi chetonici per carenza di carboidrati), causa una riduzione del fT3, un aumento del cortisolo, si perde muscolo, si perde peso a spese della massa magra muscolare.
Si riduce il metabolismo e il consumo di ossigeno.
Ma la condizione di chetosi porta al blocco della perdita di peso. Una carenza di carboidrati alimentari protratta nel tempo causa una riduzione del valore fT3, condizione di effettivo ipotiroidismo indotto da una dieta errata. Un fT3 basso causa un blocco nella perdita di peso corporeo. Si cade nella sindrome di adattamento metabolico.

 

BLOCCO PERDITA DI PESO

Il blocco metabolico nella perdita di peso corporeo si ha dopo 15 – 20 giorni dall’inizio di una dieta ipocalorica e fortemente carente di carboidrati (assenza di pane, pasta, riso, cereali, legumi…), con dose giornaliera inferiore a 80 g di carboidrati glicemici.
Il blocco metabolico è comunque variabile nel tempo. È soggettivo, ma si verifica per la riduzione di fT3. Una persona che non conosce questo processo ormonale fisiologico, concentra la delusione sulla dieta, quando è proprio la dieta ad essere causa di questo blocco.
Constatato il blocco della perdita di peso, la persona decide di smettere di eseguire la dieta, riprende il peso eliminato in pochi giorni perché ha un metabolismo basso, si trova in una condizione di ipotiroidismo. È una esperienza molto diffusa, assai nociva per la salute. Questo è un esempio di come sia limitato e superato fare una dieta basata sul semplice calcolo di Calorie giornaliere! Non si mangiano le Calorie, ma le molecole contenute negli alimenti.
Le giovani donne in età fertile con carenza di carboidrati alimentari possono avere amenorrea (blocco ciclo) per ipotiroidismo (fT3 basso) indotto da dieta.
Avere una tiroide carente nella sua funzionalità genera uno stato “GRIGIO” depressivo, nella relazione con persone ed ambiente di vita e di lavoro.
C’è da riflettere… Non si mangia solo per dimagrire!